L’analisi di Science sul modo in cui sono condotti gli studi.
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Si tratta, come specificano gli autori, di una meta-analisi sugli effetti dell’idrossoclorochina (HCQ) su 105.040 pazienti in 9 paesi distinguendo tra due tipi di studi: gli “studi big data”, condotti su cartelle cliniche elettroniche da specialisti della sanità pubblica ed epidemiologi che non hanno curato direttamente i pazienti e si basano, perciò, su dati virtuali (in quanto estrapolazione di numeri); gli “studi clinici” basati su dati reali che menzionano i dettagli dei trattamenti (dosaggio, durata, controindicazioni, monitoraggio) raccolti in prima persona dai medici (specialisti di malattie infettive, di medicina interna, pneumologi) che si sono presi cura in prima persona dei loro pazienti. I risultati di questa meta-analisi lasciano sconcertati gli stessi autori: perché mentre tutti gli studi basati su dati virtuali definiscono inefficace l’HCQ, al contrario gli “studi clinici” basati su dati reali la definiscono efficace. Lo studio di Science, dopo avere analizzato una serie di parametri per capire il perché di due verdetti così contrastanti, alla fine dimostra che tra i big data che bocciano idrossiclorochina e i medici che la promuovono, hanno ragione i medici. E non solo sul piano clinico, come rivela l’inquietante interrogativo sollevato da questi studi non solo sulla pandemia, ma sul futuro della nostra società.